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Description



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Centomila gavette di ghiaccio tratta dell'esperienza bellica del sottotenente medico Italo Serri (pseudonimo dietro il quale si cela Bedeschi stesso) durante la Seconda guerra Mondiale.
Inizialmente assegnato al II Battaglione dell'11º Reggimento fanteria inquadrato nella divisione Casale, Serri viene impiegato sul fronte greco-albanese a partire da metà marzo 1941. Partecipa alla avanzata finale fino al confine greco-albanese, dove assiste al termine della guerra. Successivamente, dopo un periodo di servizio presso un ospedaletto da campo, viene trasferito ad una batteria di artiglieria: la n. 13° appartenente al Gruppo Conegliano del 3º Reggimento Artiglieria Alpina inquadrato nella divisione alpina Julia. Prima nota: durante la 2a GM gli ufficiali medici erano assegnati di norma ai battaglioni, se non ai reggimenti, salvo che per le truppe alpine dove erano assegnati molto spesso alle compagnie/batterie. Questo perché esse operavano staccate ed isolate. Seconda nota: nel romanzo l'autore non nasconde la sua gioia di essere assegnato ad un reparto della Julia. Beninteso il romanzo fu scritto nel dopoguerra in clima di reducismo eroico ma resta il fatto che la Julia si era guadagnata durante la Campagna di Grecia una enorme popolarità per i grandi sacrifici sostenuti. Con questa unità, nei mesi di luglio e agosto 1942, Serri viene inviato al fronte russo dove partecipa alle operazioni dell'Armata Italiana in Russia. Il 17 dicembre 1942, l'offensiva sovietica denominata "piccolo Saturno" travolge le divisioni italiane e tedesche schierate sulla destra del Corpo d'Armata Alpino. Per turare la falla apertasi nello schieramento dell'ARMIR, la Julia viene tolta dalle consolidate posizioni sul Don tenute dal CA Alpino e schierata in aperta campagna inquadrata nel XXIV CA tedesco. Verso metà gennaio 1943 scatta un'ulteriore offensiva sovietica, denominata "Ostrogozsk-Rossosc", che in pochi giorni accerchia quello che rimaneva dell'ARMIR , ovvero il CA Alpino ed il XXIV CA tedesco. Inizia così una penosa ritirata a piedi eseguita in zone prive di vie di comunicazione utili (le strade e le ferrovie, peraltro in mano ai sovietici, correvano Nord-Sud mentre la ritirata si doveva eseguire Est-Ovest). Erano già state predisposte apposite slitte sulle quali caricare armi di reparto, munizioni, viveri e, per quanto possibile, i feriti trasportabili. Si formano due principali colonne, lunghe decine di chilometri; durante la giornata si percorrono dai 10 ai 30 km in modo che ogni gruppo/reparto trovasse poi riparo per la notte, generalmente nelle isbe abitate da civili, essendo impossibile sopravvivere all'adiaccio. I reparti sovietici incaricati di catturare i soldati in ritirata, percorrendo con autocarri, blindati e carri armati le strade in loro possesso, operano sbarramenti in corrispondenza delle vie di passaggio obbligate e nello stesso tempo attaccano di lato e da dietro le colonne. In questo modo le colonne venivano spezzettate, molti reparti distrutti e/o frammischiati alle masse di sbandati che via via si andavano formando. Ci furono morti, feriti e soprattutto molti prigionieri. Finalmente il 27 gennaio 1943 la colonna comprendente il comando del CA Alpino, della Tridentina e XXIV CA tedesco uscì dalla sacca. La 13ª batteria di Bedeschi, dopo peripezie varie, si era unita a questa fortunata colonna e si salvò con loro mentre il comando della Julia, della Cuneense e della Vicenza, e di gran parte dei reparti dipendenti, che percorrevano altro tracciato, rimasero prigionieri. Dopo l'uscita dalla sacca, essendo il fronte tedesco ancora instabile, fu necessario percorrere a piedi ancora molti chilometri prima di ritenersi al sicuro ed essere soccorsi dai servizi dell'ARMIR il cui comando e servizi erano rimasti fuori dalla sacca medesima.
Nella elencazione di date, luoghi e percorsi il romanzo ricalca sostanzialmente la verità storica.


L'autore

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"Alpino, medico e scrittore", come lui stesso amava definirsi, dopo essersi laureato in medicina all'università di Bologna frequenta la scuola allievi ufficiali, terminata nel 1940. Arruolatosi volontario per la campagna di Grecia, Bedeschi partecipò come sottotenente medico nel II btg dell'11° Fanteria, divisione "Casale", poi venne trasferito alla 13ma Batteria del Gruppo Conegliano, 3º Reggimento Artiglieria da Montagna, divisione alpina Julia alla campagna di Russia. Sopravvisse alla tragedia della ritirata.
Dopo l'8 settembre 1943 si iscrisse al Partito Fascista Repubblicano e comandò la XXV Brigata Nera "Arturo Capanni" di Forlì.
La fine delle ostilità trovò il suo reparto dislocato nella zona di Thiene a fronteggiare la resistenza vicentina, ingaggiando pesanti scontri con le brigate partigiane della zona, fino alla resa.
Successivamente alla resa, alcuni brigatisti neri furono uccisi sul posto mentre altri 25 furono prelevati da una squadra di partigiani forlivesi e fucilati senza processo.
Si ignora tuttora il ruolo avuto da Giulio Bedeschi in tali ultime vicende. Secondo lo storico Benito Gramola, che sul tema ha pubblicato un libro[1], questi si sarebbe nascosto presso conoscenti salvando la vita.
Si sarebbe successivamente portato in Sicilia ove avrebbe trascorso i primi anni del dopoguerra senza timore di rappresaglie.
Le emozioni ed esperienze vissute e raccolte, furono la base del suo libro capolavoro, Centomila gavette di ghiaccio. Scritto nel 1945-46 e terminato definitivamente nel 1948, venne riscritto dopo aver perso la prima stesura durante l'alluvione del Polesine del 1951, dopo una serie di rifiuti, trovò un editore (Mursia) che lo pubblicò nel 1963. Il libro vinse il Premio Bancarella l'anno successivo.
Nel 1966 pubblicò un secondo libro, "Il peso dello zaino", seguito di Centomila gavette di ghiaccio. Dopo questo furono dati alle stampe molti altri suoi libri tra cui: "La rivolta di Abele"; "Gli Italiani in Russia"; "Nikolajewka: c'ero anch'io"; "Fronte greco-albanese: c'ero anch'io"; "Fronte d'Africa: c'ero anch'io"; "Fronte russo: c'ero anch'io"; "Il Corpo d'Armata Alpino sul fronte russo".
Nel 2004 esce postumo il libro "Il segreto degli alpini", raccolta di scritti dell' autore vicentino sempre edito da Mursia curato dalla moglie Luisa Vecchiato Bedeschi, che ne realizza tra l'altro la breve e toccante introduzione. Nel libro vengono citate le esperienze sul fronte del tenente specie nella raccolta di lettere dal fronte russo datate 1943. Prima di queste una serie di aneddoti che contraddistinguono il corpo degli alpini, ricordi affettuosi e ricostruzioni dettagliate del cappello alpino, dei fedeli muli e del fucile 91 rendono il libro un insieme coinvolgente ed eterogeneo dell'esperienze vissute dall'autore.
Gli incontri con i suoi compaesani Bepi De Marzi e il paroliere Carlo Geminiani hanno ispirato alcuni dei canti alpini e popolari più belli del musicista e compositore vicentino: "Joska la rossa", "l'Ultima notte", "Il ritorno", "Le voci di Nikolajewka", "Il Golico".
Ad Arzignano inoltre, sua città natale, gli è stata dedicata la nuova biblioteca comunale.

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